Owen Jorgensen

SOPRANNATURALE: La vita di William Branham

Hope muore

Capitolo 21

1937



L’alluvione costrinse William Branham su quella piccola isola deserta per tre angosciosi giorni. La maggior parte del tempo lo passò tormentandosi, immaginandosi il peggio, figurandosi nella mente sua moglie e i bambini che galleggiavano faccia in giù nel fiume o appesi ad un ramo da qualche parte. Questa specie di pensieri gli facevano l’anima a pezzi. Con angoscia pregò per aver aiuto dal suo Maestro. Ma non importava quanto pregava, non poteva trovare conforto nel Signore. Sembrava come se Dio avesse girato la Sua schiena verso di lui rifiutando di ascoltarlo.

Ogni volta che Bill pregava, i suoi pensieri andavano verso quelle persone Pentecostali che aveva incontrato a Mishawaka.

Erano realmente “Sciacquatura” delle altre chiese? O avevano lasciato quelle chiese perché avevano trovato qualcosa di genuino? Seduto ore dopo ore sulla sua isola prigione, Bill aveva molto tempo per considerare se quelle persone Pentecostali ed emotive fossero immondizia o no; e se avrebbe dovuto o no, tenere conto dell’opinione di sua suocera, o della guida dello Spirito Santo. 

Il secondo giorno del suo confino la pioggia finalmente cessò, la coperta di nubi si diradò e di quando in quando appariva il sole. Un aeroplano lo avvistò e lasciò cadere del cibo. Il terzo giorno il vento si calmò e Bill decise di tentare un'altra volta di attraversare. Riuscì a fare un altro miglio con la sua barca lungo il fiume in piena fino ad una piccola comunità chiamata Port Fulton, situata su un terreno abbastanza alto sì che le onde lambivano solamente alcuni gradini delle porte. Rimase a Port Fulton per sette giorni, aspettando con ansia che le acque si ritirassero e la corrente diminuisse. 

Alla fine non fu più capace d’aspettare oltre. Fece un’altra prova per raggiungere la sponda lontana e questa volta vi riuscì.

Legata la barca ad un albero, s’incamminò verso Charlestown lungo la strada principale. Quando giunse nei pressi della città, chiese ad ognuno che incontrava se loro avessero saputo qualcosa di un treno proveniente da Jeffersonville, prima che l’inondazione avesse spazzato via i binari. Nessuno ai quali aveva chiesto sapeva alcunché. Abbattuto, Bill s’incamminò faticosamente sulla strada verso la stazione ferroviaria.  Una macchina si fermò accanto a lui e aprì il finestrino. “Ebbene, William Branham, come mai a Charlestown”?  Era il colonnello Hayes, un vecchio amico di famiglia. Dopo che Bill spiegò la sua situazione, il colonnello Hayes disse: “Sali, Bill. Ti aiuterò a trovarli”.

Subito dopo erano sulla porta d’accesso dell’ufficio telegrafico ferroviario. Bill tremava, mentre chiedeva: “Dieci giorni fa—la notte nella quale la diga si è rotta a Jeffersonville—c’era un treno che doveva arrivare intorno a mezzanotte? Dovrebbe essere stato composto di vagoni per il bestiame, ma era pieno di persone— persone ammalate”.   

“Come potrei dimenticare quel treno”? Il telegrafista rispose. “Fu l’ultimo a passare prima che le rotaie fossero spazzate via”. 

Bill sentì un fiotto di sollievo. “Che cosa è successo a quelle persone”?  Chiese ansiosamente. 

“Io non saprei dirglielo. Il treno non si fermò qui. Io non so dove andasse, ma l’ingegnere che era di servizio arriverà tra poco. Aspettate”.

L’ingegnere fu più utile. “Una madre con due piccoli bambini? Sì, ricordo quel caso. Loro erano seriamente ammalati. Noi li rimandammo a Columbus, Indiana. Giovanotto, lei non può arrivare là. L’alluvione ha spazzato via tutti i treni per Columbus e anche le strade sono tutte bloccate”. 

Bill ed il colonnello uscirono fuori dalla stazione, Bill agitato e preoccupato, si strofinava le mani tirandosi le dita. Il colonnello Hayes mise una salda mano sulla spalla di Bill e disse: “Io posso portarti là, Billy. Conosco una via attraverso i sentieri che va nei terreni alti. Sono abbastanza sicuro che eviteremo l’acqua”.  “Allora, andiamo”. 

Columbus, Indiana era a 80 km più a nord. Arrivarono al crepuscolo e presto vennero a sapere che una chiesa Battista era stata trasformata in ospedale provvisorio per ospitare tutti gli ammalati e le vittime danneggiate dall’inondazione. Quando arrivarono di fronte all’edificio, Bill salì di corsa, tre scalini alla volta. L’auditorio era affollato di persone. Le panche della chiesa erano state accatastate contro un muro, ed ora molte file di brandine dell’esercito erano allineate sul pavimento. Rumore e confusione dominavano nella grande stanza, le persone camminavano parlando per i corridoi; i pazienti si lamentavano e tossivano. Bill gridò freneticamente, “Hope! Hope! Dove sei”? Molte facce si girarono nella sua direzione. Bill non se ne curò. Corse fra i lettini, cercando quella faccia che significava più che qualsiasi altra per lui. “Hope, dove sei tesoro”?  

Giù alla fine della stanza, Bill vide una mano magra alzarsi nell’aria. Si precipitò giù tra le file di lettini finché arrivò al suo letto. La prima occhiata alla sua adorata moglie lo fece rabbrividire involontariamente. “Caro Dio, abbi misericordia”! Pensò. La pelle di Hope sembrava bianca come il cotone. Le sue braccia erano così sottili; doveva aver perso almeno 12 kg. I suoi occhi erano sprofondati nelle orbite fosse delle sue guance erano incavate a tal punto che il contorno degli zigomi poteva essere visto facilmente. 

Hope lo guardò fisso e fece un debole sorriso. “Bill, mi dispiace di essere ridotta così”. 

Bill si lasciò cadere sulle ginocchia e mise il suo braccio intorno a lei.

Lottando per tenere il tono di voce uniforme, disse: “Tesoro, sembri del tutto a posto. Mi dispiace che sei così ammalata. Dove sono Billy Paul e Sharon”?  

“Qualcuno li ha portati su in una stanza. Non mi permettono di vederli”.

Una mano toccò la spalla di Bill. “È lei il Reverendo Branham”? “Sì”. 

“Io sono uno dei dottori, qui. Posso parlare privatamente con lei per alcuni minuti”?  

Appena furono lontani e Hope non poteva sentire, il dottore disse: “Reverendo Branham, sono spiacente di dirle questo, ma sua moglie ha la polmonite tubercolare. Penso che niente possa più arrestarla. 

Le parole del dottore erano per Bill come uno scalpello che incideva il suo torace. “No, dottore, non può essere. Dio può salvarla”. 

“Bene, potrebbe essere vero; ma per quanto concerne la scienza medica, per lei non c’è più niente da fare. Non c’è più niente che noi possiamo fare per lei. Io sto prendendomi cura anche dei suoi bambini. Il suo piccolo ragazzo sta abbastanza bene, ma la sua bambina è molto ammalata con la polmonite. Lei sarà un uomo fortunato se vivrà”. 

Bill singhiozzò, “Oh, Dio, abbi misericordia”.

“Non crolli di fronte a sua moglie”, esortò il dottore. “La farà solamente stare più male. Lei non sa che sta morendo”. 

Bill lottò di nuovo per controllare la sua angoscia. “Quando posso riportare lei e i bambini a Jeffersonville”?  “Appena le strade saranno aperte”.

Ritornato indietro al lettino di Hope, Bill disse: “Tesoro, il dottore ha detto che potrò portarti a casa fra qualche giorno. Chiameremo il dottor Sam Adair a prendersi cura di te”.

Le labbra sottili di Hope si curvarono leggermente in un sorriso pietoso. “Sarà bello, Bill. Forse Dio avrà misericordia e mi permetterà di vivere”. 

Lottando per tenere il suo tono di voce, Bill disse: “Lo spero con tutto il mio cuore”. 

Per cinque mesi Hope fu confinata all’ospedale di Jeffersonville. Il dott. Adair tentò ogni trucco della sua borsa nera di dottore affinché non peggiorasse. Ma a nulla servì. 

Hope tossiva sangue e Bill era sempre più preoccupato. C’era poco che il dott. Adair potesse fare per rassicurarlo, eccetto che spiegare quello che stava accadendo: “I bacilli della tubercolosi che infettano i suoi polmoni hanno mangiato i vasi sanguigni nell’albero bronchiale. E’ da lì che esce il sangue. 

“Doc, non c’è qualcosa di più che possiamo provare? Io sono disperato”. 

“Io conosco il dott. Miller che lavora al sanatorio in Louisville. Lui ha molta esperienza con la TB; è probabile che abbia dei suggerimenti. Lo chiamerò”. 

Il dott. Miller attraversò il fiume per venire ad esaminare Hope prima di dare la sua opinione. “La malattia è in uno stato avanzato. L’unica cosa che potrebbe funzionare è un pneumotorace artificiale”. 

Bill sembrò perplesso. “Cos’è uno pneumotorace artificiale”? 

“Pneumo significa polmoni e il torace è la cavità che contiene il cuore e i polmoni. Pneumothorax è una condizione dove l’aria o il gas entra tra i polmoni e la parete del torace, aumentando la pressione in quella regione e causando il collasso dei polmoni. Questo accade spontaneamente in alcune malattie polmonari e di solito è molto pericoloso. Con lo pneumothorax artificiale noi collassiamo apposta un polmone. Dato che il batterio che provoca la tubercolosi ha bisogno di livelli alti d’ossigeno per sopravvivere, se noi collassiamo un polmone alla volta noi possiamo in alcuni casi soffocare i batteri”. 

“Ciò sembra promettente. Com’è il procedimento”?

“Noi inseriamo un ago tra le costole e la cavità del torace. Poi iniettiamo una quantità misurata d’aria, collassando un polmone per un certo tempo. Gradualmente i polmoni assorbono quest’aria, così noi dobbiamo iniettare più aria ad intervalli per tutto il tempo del trattamento”. 

Ora Bill non era più così sicuro. “Sembra rischioso”. 

Non ci sono garanzie, disse il dott. Miller. 

Bill ne discusse a fondo con Hope e lei fu d’accordo di correre il rischio. L’ospedale in Jeffersonville non possedeva una macchina per lo pneumothorax, così Bill prese in prestito i soldi per affittarne una da un ospedale di Louisville. Lui teneva la mano di Hope, mentre i dottori addormentavano il suo fianco ed inserivano un ago nello spazio tra le costole e la cavità toracica. Per tutta la procedura, Hope batteva le labbra e stringeva la mano di Bill fino a farla diventare bianca. Lei stava soffrendo terribilmente. Quando il dott. Miller finì, Bill dovette togliere, facendo leva con difficoltà, le dita di Hope dalla sua mano. 

Dopo il trattamento, il dott. Miller volle fare i raggi X ad entrambi i polmoni. Li esaminò attentamente e poi chiamò Bill in una stanza di consultazione. “Reverendo Branham, temo che abbiamo fallito. I polmoni di sua moglie sono già in uno stadio avanzato della malattia. Non c’è niente al mondo che noi possiamo fare per lei ora. L’Iddio Onnipotente la sta chiamando. “Penso che lei abbia ancora pochi giorni di vita”. 

Addolorato oltre ogni dire, Bill andò di nuovo nella stanza di Hope. Lei era così pallida e debole, come una gran bambola di porcellana distesa sul letto. Come l’amava. Cosa avrebbe fatto senza di lei? Billy Paul, non aveva nemmeno due anni; e Sharon Rose non aveva nemmeno nove mesi, cosa avrebbero fatto senza una madre? 

Hope chiese: “Il dottore ti ha detto qualcosa”? 

Bill scosse la testa. “Non chiedermelo, tesoro. Io devo andare a lavorare ora, ma ritornerò ogni tanto a controllare”. Lui odiava lasciare il suo capezzale, ma aveva accumulato centinaia di dollari di debiti per spese mediche negli ultimi mesi e aveva bisogno di continuare a lavorare per pagarli. 

Giovedì, 22 luglio, Bill era di guardia alle linee a 50 km distante—vicino a Scottsburg, Indiana—quando arrivò un messaggio per radio: “Chiamata per William Branham, sua moglie sta morendo. Se volete vederla viva, dovete venire ora”. 

Bill parcheggiò il suo autocarro al lato della strada e scese. Slacciò la cintura della sua pistola e la posò sul sedile; poi tolse via il cappello e s’inginocchiò al lato della strada. Chinò la testa di fronte a Dio e pregò: “Padre Celeste, ho fatto tutto quello che potevo. Tu sai che stai lacerando l’anima del Tuo servitore; ma probabilmente io lacerai la Tua, quando ascoltai mia suocera invece di ascoltare Te. Ti dissi che mi dispiaceva. Signore, per favore non lasciare che Hope muoia finché non l’abbia vista ancora una volta”. 

Si arrampicò di nuovo sull’autocarro, accese la sirena, e corse verso l’ospedale veloce quanto l’autocarro poteva andare. Salito di corsa i gradini vide attraverso la porta anteriore, Sam Adair che camminava nella sala verso la sua direzione. Il dott. Adair diede uno sguardo a Bill, chinò la testa ed avanzò attraverso una porta laterale così da non doverlo fronteggiare. Bill corse giù per la sala e aprì la porta. 

Sam mise il suo braccio attorno a lui e con comprensione disse sommessamente:

“Billy, ragazzo”.  “Dimmi doc, è ancora viva”? 

“Penso di sì, Bill. Ma non per molto”. “Doc, vieni con me alla sua stanza, vuoi”? 

Il dott. Adair chinò la testa. “Oh, Bill, non chiedermi di andare. Hope mi ha cucinato così tante torte. Lei è come una sorella per me. Non posso sopportare di ritornare di nuovo in quella stanza”. Un’infermiera aprì la porta ed entrò nella stanza. “Reverendo Branham, voglio che prenda questa medicina. Calmerà i suoi nervi”. 

Bill spinse la medicina da parte e andò verso la stanza di Hope. L’infermiera disse: “Entrerò con voi”, e lo seguì.  Il dott. Adair lo chiamò, “Bill, lei è in coma”. 

Hope giaceva sul letto con un lenzuolo tirato sulla faccia. Bill alzò il lenzuolo. I suoi occhi erano chiusi e la mascella aperta. Il suo corpo era ridotto a meno di 40 kg. Bill le pose la sua mano sulla fronte; la sentì fredda e appiccicosa. Afferrò la sua spalla e la scosse dolcemente. “Hope, tesoro, rispondimi. Io ti amo con tutto il cuore. Vuoi parlarmi ancora una volta”? Non ci fu nessuna risposta, nessun movimento. Ad alta voce, Bill pregò, “Dio, io so che ho sbagliato, ma per favore lascia che mi parli solo una”…

Prima che terminasse la sua preghiera, le palpebre di Hope sbatterono, poi si aprirono. Lei tentò di sollevare il braccio, ma era troppo debole. 

Le sue labbra si mossero, pronunciando deboli parole. “È così bello”, lei disse: “Perché mi hai richiamata indietro”?  Bill si piegò sul letto per sentirla meglio. “Che cosa vuoi dire tesoro”?

“Billy, tu ne parli, lo predichi, ma non hai idea di com’è meraviglioso”. “Di cosa parli”? 

“Io stavo andando a casa. C’erano due persone vestite di bianco, uno per lato. Noi stavamo camminando per un sentiero fiancheggiato di magnifici fiori ed eleganti alberi di palma. Uccelli graziosi in ogni parte, cantavano e volavano da albero in albero. Era così tranquillo. Poi ti sentito chiamare in distanza e sono tornata indietro per vederti”. Hope notò l’infermiera dietro suo marito. “Louise, quando ti sposerai spero che avrai un marito buono come il mio. Lui è stato così buono con me, così comprensivo”. 

L’infermiera si coprì la faccia con un fazzoletto e corse fuori dalla stanza. “No, tesoro”, disse Bill, “Non sono stato in grado di fare per te quello che avrei desiderato di fare”.

 “Tu hai fatto il meglio che potevi, Bill; ed io ti amo per questo. Ma dovrei affrettarmi; loro stanno aspettandomi. Prima che vada, ci sono alcune cose che voglio dirti. Sai perché sto andando, non è vero”? 

Lui tentò di dire di sì, ma non poteva far uscire la parola; quindi fece solamente un cenno col capo. 

“Noi non avremmo dovuto ascoltare mia madre”, bisbigliò Hope. “Quelle persone Pentecostali hanno ragione. Promettimi che un giorno o l’altro andrai da quelle persone. Cresci i nostri bambini in quel modo”. 

“Io so che non avrei mai dovuto ascoltare tua madre. Oh, se solamente tu potessi sopravvivere, farei diversamente. Ma rimedierò un giorno o l’altro”. 

“Bill, ricordi quel fucile che volevi comprare e noi non avevamo abbastanza soldi per l’anticipo”?  “Sì, cara, lo so”. 

“Io desideravo così tanto che tu avessi quel fucile. Io stavo risparmiando gli spiccioli dai soldi che mi davi settimanalmente. Quando vai a casa, guarda in cima al letto pieghevole. Troverai una busta con dentro i soldi. Promettimi che comprerai quel fucile”. 

Bill fece un singhiozzo e lo promise, “Per l’amor tuo lo comprerò”. 

“Un’altra cosa—voglio scusarmi perché ti ho tenuto nascosta una cosa. Ricordi quando noi stavamo andando a Forte Wayne e tu mi hai comprato quelle calze”? 

“Sì, ricordo”. 

“Bill, mi avevi comprato il tipo sbagliato. Quelle calze erano per una donna vecchia. Io le diedi a tua madre. Non te lo dissi perché non volevo ferire i tuoi sentimenti”. 

Improvvisamente Bill sentì una specie di dolore penetrante, diverso. Per la sua trascuratezza quel giorno aveva sottovalutato le necessità di Hope. Come ha potuto essere così avventato, così insensibile? La sua angoscia ora gli sembrava insopportabile. 

La faccia di Hope divenne serena. “Loro stanno ritornando. Posso sentirli arrivare vicino. Bill, è piacevole. Questo prezioso Spirito Santo che noi abbiamo ricevuto, sta portandomi oltre. Promettimi che predicherai il battesimo dello Spirito Santo finché muori. È vero ed è meraviglioso nella morte”. 

“Ti prometto che lo farò”. 

  Hope riuscì a fare un debole sorriso. “Voglio che tu mi prometta anche che non vivrai solo”. “Oh, Hope, non posso promettertelo. Io ti amo troppo”. 

“Bill, noi abbiamo due bambini. Non voglio che vadano da Erode a Pilato. Trovati una buona ragazza cristiana e sposala—una che amerà i nostri bambini e creerà una famiglia per loro”. 

“Oh, Hope, per favore non chiedermi di prometterti quello”. 

“Per favore, Bill. Non vorrai lasciarmi morire infelice, vero”?

Col cuore quasi strappato dal petto, Bill mormorò, “Prometto che farò il meglio che posso”. 

Le ultime parole che disse a lui furono: “Bill, stai sul campo”. 

Bill disse: “Tesoro—ti seppellirò a Walnut Ridge. E se io mi addormento, giacerò al tuo lato. Se Gesù viene prima che muoia, io sarò sul campo di battaglia a predicare in qualche luogo il Vangelo dello Spirito Santo. In quel grande giorno quando Gesù aprirà il cielo e la Nuova Gerusalemme scenderà giù dal Paradiso, io radunerò Billy Paul e Sharon e insieme ci incontreremo al Portale Orientale prima di entrare”. 

Hope sorrise ancora un’ultima volta e strinse la mano di Bill. Poi lei chiuse gli occhi per camminare in quel sentiero tra quegli alberi di palme verso la Città di Dio. Nei pensieri di Bill, lei rimase per sempre una ventiquattrenne.  



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