Owen Jorgensen

SOPRANNATURALE: La vita di William Branham

La disastrosa alluvione

Capitolo 20

1937



Anche se Billy Paul e Sharon Rose si ripresero velocemente dall’infreddatura, la polmonite di Hope le si attaccò caparbiamente. Passò tutto il mese distesa a letto, a casa di sua madre, incapace di accudire a se stessa. Bill si prendeva cura dei bambini dopo il lavoro, ma durante il giorno doveva lasciarli con una babysitter. Assunse Meda Broy. Meda aveva quasi 18 anni. Si era diplomata al liceo il maggio scorso e non aveva ancora trovato lavoro a tempo pieno, così, questo era un modo per guadagnare un po’ di denaro ed aiutare allo stesso tempo il suo pastore.

Nell’ultima metà di gennaio del 1937, un fronte burrascoso passò dalla parte nord orientale degli Stati Uniti. Per due settimane diluviò a dirotto nell’enorme area ad ovest delle Appalachian Mountains riversando l’acqua nel fiume Ohio. Ogni giorno il fiume Ohio aumentava sempre di più sugli argini che proteggevano Jeffersonville e Louisville. Cadeva anche la neve, ma più spesso grandinava. Gli uomini pattugliavano costantemente gli argini. Se uno si fosse rotto, migliaia di miglia di terreno agricolo sarebbe stato allagato, come anche tutte le città sulle sponde del fiume nella vasta area. Le sponde erano ben costruite, ma erano solamente di terra battuta; non potevano sopportare le acque così alte per un lungo tempo. Di giorno in giorno gli argini s’indebolivano. Alla fine, a metà febbraio arrivò il momento, che le autorità civili decisero di evacuare tutti dalle zone di pericolo. 

Per tutto il giorno le strade erano piene di persone che andavano in luoghi più alti. La casa di Bill e la casa della sig.ra Brumbach erano ambedue situate in una delle aree minacciate, così Bill doveva trovare qualche posto per portare sua moglie. Prima controllò gli ospedali locali. Sfortunatamente erano già al completo. Ciò significava che doveva trasportare sua moglie e i bambini in un ospedale provvisorio messo su dal governo. Poi si unì ai volontari civili per l’evacuazione. 

Nonostante un ampio avvertimento, le persone indugiavano lo stesso nelle loro case, spesso perché non avevano i mezzi per il viaggio. I volontari lavoravano febbrilmente per tutta la notte, cercando di trovare tali persone e portarle in salvo prima che fosse troppo tardi. Verso mezzanotte un pezzo dell’argine sul fiume dal lato dell’Indiana alla fine cedette, versando un imponente muro d’acqua, sommergendo il centro di Jeffersonville. Tutte le sirene nella città urlavano l’ultimo urgente avvertimento; il peggio era arrivato. 

Bill era dall’altro lato della città in quel momento, con il suo camion della public service company. Aveva la sua barca dietro, in caso ne avesse avuto bisogno. Una chiamata arrivò attraverso la sua radio, “Bill, si è rotto sul nostro lato. Affrettati ad arrivare a Chestnut Street con la tua barca. Noi avremo bisogno del tuo aiuto”. 

Quando Bill arrivò alla località radiotrasmessa, alcuni uomini si stavano dirigendo attraverso le turbolente acque che turbinavano tra le case. “C’è una mamma ed un gruppo di bambini bloccati laggiù. Noi non possiamo raggiungerli. Tu pensi di arrivare a loro col tuo motoscafo”? 

Fissando attraverso il nevischio e l’oscurità, Bill intravide una figura in piedi sul portico di una casa, vicino a dove si era rotto l’argine. Il torrente sgorgava attraverso quel buco nell’argine e la casa stava ondeggiando di qua e là con violenza per l’assalto furioso dell’acqua. Per il rumore del vento ed il rimbombo dell’acqua, Bill poteva a stento sentire le grida della donna che chiedeva aiuto. La corrente era tremenda. “Farò tutto quello che posso. Aiutami a mettere la barca nell’acqua”.

Avviato il motore, Bill tentò di dirigersi diritto verso la donna isolata, ma la corrente era troppo impetuosa e lo spingeva fuori rotta. Così diresse la prua della sua barca controcorrente e lottò per farsi strada verso la fonte dell’inondazione. Il suo piccolo motore e l’elica erano sotto sforzo per dargli lo slancio. Quando arrivò il più vicino possibile che potè alla collassata sponda, diresse la barca trasversalmente alla corrente, che lo portò diagonalmente verso la sua meta. 

Andò a fermarsi violentemente contro il lato della casa e velocemente assicurò la barca ad uno dei pilastri del portico. La madre era svenuta. Aveva un aspetto misero, distesa lì sul portico ghiacciato, ricoperta di nevischio sui capelli, sulla testa, sui suoi vestiti e sulla pelle. Dietro di lei, due piccole ragazze terrificate e raggomitolate, appena dietro l’uscio aperto. Bill riuscì a portarle via tutte e tre dal portico scivoloso e farle salire sulla barca ondeggiante senza il minimo incidente. 

Egli puntò la sua barca direttamente dove aveva parcheggiato il suo autocarro, ma la forte corrente lo costrinse ad approdare quasi un miglio più in giù da dove era partito. Un gruppo di lavoratori volontari lo aiutarono a fare uscire prima i bambini dalla barca. Quando sollevarono la madre, riprese i sensi e gridò istericamente, “Il mio bambino! Il mio bambino! Oh, non lasciate il mio bambino”!

Spaventato, Bill guardò le due piccole ragazze che lui aveva salvato. La più giovane aveva almeno due anni. Il panico lo raggelò più che il nevischio che gli sferzava la faccia. Lui non aveva controllato nella casa! Doveva aver lasciato un bambino piccolo in quell’edificio condannato! Bill urlò agli altri volontari: “Ritorno a prendere il bambino”. Gli uomini accennarono col capo. 

Bill girò la sua barca e lottò di nuovo per risalire la corrente verso l’argine rotto. Nel frattempo che giunse al suo obiettivo, parte del portico era già crollato, ed il resto della casa sembrava che presto l’avrebbe seguito. Bill legò la sua barca ad uno dei pilastri rimanenti del portico e si precipitò dentro la casa, cercando freneticamente di stanza in stanza. Non c’era nessun bambino. Che cosa significava questo? Poi realizzò: La mamma era incosciente per tutto il tempo della liberazione; non sapeva che le due piccole ragazze erano al sicuro. Doveva essersi riferita alla sua figlia più giovane, quando gridava: “Il mio bambino”!  

Intorno a lui la casa scricchiolò, mentre si torse prossima a cadere. Dal soffitto cadeva l’intonaco come pioggia e si sentivano scoppi dai muri come Popcorn. Un forte boato echeggiò giù dalla sala! Il pavimento diede una scossa, mentre la casa sprofondava mandando Bill contro la porta di un armadio. Un altro boato rimbombò dietro al primo, con un rumore di legno scheggiato. L’edificio fu strappato dalle sue fondamenta.

Correndo giù lungo il corridoio, Bill si tuffò oltre la porta d’ingresso, non sapendo che la veranda era ormai completamente staccata dalla casa. Precipitò nell’acqua ghiacciata. Per la grazia di Dio riuscì ad arrivare al porticato ed aggrapparsi all’orlo, mentre le onde lo portavano via. Trascinandosi fuori dall’acqua, velocemente si arrampicò sulla sua barca. Con le dita congelate sciolse la fune. Qualche secondo dopo, la casa sparì nella notte, portata via dalla corrente.

Bill si rese conto di non essere ancora fuori pericolo. Il motore si era spento mentre cercava la casa e la sua piccola imbarcazione era portata alla deriva lungo le strade alluvionate. Ad ogni momento poteva essere capovolto da un’onda o da un ramo d’albero.

Bill afferrò la corda dell’accensione rivestita di ghiaccio, e sistemò l’estremità nell’incisione sul volano del motore. Tirò sodo. Nulla accadde. Tirò di nuovo—ancora nulla. Bloccò l’aria del carburatore e tirò; lo stesso non partì. Ormai il motore era ingolfato. Più volte Bill tirò quella corda della messa in moto finché i suoi muscoli stanchi implorarono riposo. Il motore si rifiutava di partire. 

Nel frattempo, la corrente l’aveva portato fin sopra Market Street, poi attraverso un altro buco nell’argine alluvionale, nel Fiume Ohio stesso. Il terrore rinnovò l’energia di Bill. Pochi minuti più avanti tuonavano le cascate dell’Ohio! 

Onde alte 4—5 m si gonfiavano intorno a lui. Bill si affaticava a stare in equilibrio, mentre lottava con quel motore ostinato. Tra le tirate, gli sembrò di sentire una voce che gli diceva: “Cosa ne pensi ora della tua decisione di non andare fra quel gruppo di persone Pentecostali”? Bill diede di nuovo un altro strattone alla corda dello starter — nulla accadde. 

Poteva udire il rombo delle cascate dell’Ohio che ruggivano davanti a lui. Inginocchiato nell’acqua ghiacciata che riempiva il fondo della sua barca, Bill congiunse le dita congelate e pregò disperatamente, “Signore, ho una moglie ammalata e due bambini ammalati che giacciono là in un ospedale. Solo pochi minuti e sprofonderò sotto quelle cascate. Oh, Signore, aiutami. Non voglio morire qui sul fiume e lasciare la mia famiglia senza aiuto”.

Un pensiero divergente interruppe la sua preghiera. Sembrò come se lui potesse sentire sua suocera dire: “Immondizia. Non sono altro che immondizia. Bill non ti accorderò mai il permesso di trascinare mia figlia fra sciacquatura come quella”. 

Tremando per la colpa, Bill pregò: “Caro Dio, so che ho sbagliato ma per piacere perdonami. Gesù, per favore, abbi misericordia di me. Per favore, avvia questo motore”! In quel momento le cascate ruggivano più forte. Alzatosi, Bill tirò di nuovo la corda dello starter. Questa volta Il motore partì, tossì due volte, poi prese il via. Bill voltò la sua barca e accelerò a tutto gas più che poteva. Lentamente guadagnò distanza contro corrente fino a che finalmente fu abbastanza lontano dalle cascate e poté dirigersi in salvo verso la sponda dell’Indiana. 

Sbarcò vicino a Howard Park, miglia lontano da dove partì, pressoché a New Albany. Legata la barca ad un albero, si avviò verso Jeffersonville. 

Era di mattina presto, quando finalmente lasciò cadere il suo corpo stanco dietro al volante del suo autocarro di servizio. Immediatamente partì per vedere sua moglie e i bambini, ma dovette fare una deviazione, quando trovò la via bloccata dall’inondazione. Provò un percorso diverso. Anche quello era bloccato. Dopo quasi un’ora di tentativi frustranti, Bill comprese che ogni strada in quella direzione era impraticabile. Improvvisamente un’onda nuova di terrore si sparse nel suo cuore. Potrebbe essere l’ospedale sott’acqua? Corse agli uffici statali e trovò un suo amico, il Maggiore Weekly. 

“Maggiore l’ospedale è stato spazzato via”?

“Bill, ci sono 6 m. d’acqua in quell’area. Hai qualcuno là”?

“Sì, una moglie e due bambini ammalati”. 

“Non preoccuparti; sono andati via tutti. Li hanno messi tutti su un treno e li hanno portati su al nord a Charlestown. Non molto di lusso, credo che tutto quello che avevano disponibile erano carri bestiame”. 

Qualcun altro disse: “Ho sentito dire che il treno è stato spazzato via dove il ponte a tralicci attraversa il torrente Lancassange. Io penso che tutti affogarono”.

Tutte le linee telefoniche e telegrafiche erano state spazzate via tra Jeffersonville e Charlestown, così non c’era alcun modo di avere ulteriori informazioni senza andare là. Bill saltò sul suo autocarro e si diresse verso Utica Pike in direzione Charlestown, 12 miglia a nord di Jeffersonville. Il torrente Lancassange lo bloccò. Esso era straripato per molte miglia, inondando le sue rive, trasformando i campi di mais in paludi e sommergendo miglia di strada pubblica. Bill ritornò indietro a Jeffersonville, caricò la sua barca, riempì il serbatoio di benzina e ritornò a Utica Pike dove i binari del treno erano spariti sotto l’acqua. 

Il nevischio si era trasformato in grandine e rimbalzava sul pavimento della sua barca, mentre Bill spingeva lo scafo nell’acqua. Provò a seguire i binari del treno sott’acqua e andò abbastanza bene per un miglio; ma più vicino arrivava al centro del torrente, più forte la corrente combatteva contro di lui, fino a che alla fine lo trascinò completamente fuori percorso. In poco tempo era disperatamente smarrito in un labirinto di campi di mais acquitrinosi posti tra terreni boscosi. Divenne troppo pericoloso andare avanti o ritornare. Per quanto il suo cuore fosse addolorato nel dover farlo, Bill convenne che avrebbe dovuto aspettare che terminasse la bufera. Tirò a secco la sua barca su una piccola isola, costruì una catasta a forma di tetto di rami di albero, ed accese un fuoco. Poi si sedette ad aspettare... e a preoccuparsi.  



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