Owen Jorgensen

SOPRANNATURALE: La vita di William Branham

Il proposito di tacere

Capitolo 15

1933



SEBBENE William Branham fosse ora il pastore della sua congregazione e predicasse ogni domenica mattina alla vecchia Masonic Hall in Jeffersonville, per tutta l’estate del 1933 egli continuò a partecipare ai servizi della domenica pomeriggio e del mercoledì sera alla chiesa missionaria Battista. Ammettendo che questa era una scusa per stare con la sua ragazza Hope Brumbach, anziché per sentire il dott. Davis predicare. Ma ora che la sua Chiesa era quasi completata, sarebbe stato diverso, dal momento che egli stesso avrebbe avuto i suoi servizi di metà settimana. Poi, come avrebbe potuto fare per vedere la sua ragazza? Bill era di solito timido e insicuro riguardo al sesso femminile. Il pensiero di perdere la sua scusa bella e pronta, per vedere Hope, lo metteva in agitazione.

Bill serbava nel cuore ogni minuto che passava con Hope. Quando lei sorrideva lui sorrideva. Quando lei rideva lui rideva. Lei aveva qualcosa di magico per lui che egli non comprendeva, ma lui amava questo. Per lui, lei assomigliava ad ogni cosa di buono e meraviglioso al mondo: aria, pioggia, estate, fiori, bontà, desideri…Più era con lei, più voleva stare con lei. Che cosa sarebbe successo alla loro relazione se non avesse più avuto una scusa per vederla ogni mercoledì sera? Si sarebbe allontanata da lui? Bill rabbrividiva a quel pensiero. “Che sarebbe stato se trovasse un altro ragazzo”? Bill poteva a stento respirare al solo pensiero.

Non poteva rischiare di perderla. Come avrebbe potuto vivere? No, doveva trovare un’altra buona scusa per vederla regolarmente. Qualche volta, mentre Bill pensava e ripensava al problema, gli veniva in mente che il miglior modo di passare più tempo con Hope Brumbach era di farle cambiare il suo cognome in Branham.

Dal momento che decise di chiedere a Hope di sposarlo, i suoi dubbi lo torturarono da una diversa angolazione. Il padre di lei guadagnava 500 $ al mese come capo sindacato, di un associazione locale della Ferrovia della Pennsylvania. Bill d’altra parte guadagnava 20centesimi l’ora lavorando per la società di utilità pubblica e stava aiutando a sostenere sua madre, padre, sette fratelli ed una sorella con i suoi magri guadagni. Come potrebbe mantenere una moglie? Tutto quello che aveva da offrirle era il suo amore e la devozione. Chi era lui da prendere Hope dalla sua casa comoda e sottoporla alle lotte della povertà? Lei meritava molto di più. Dopo molta angoscia nell’anima e nella mente, Bill decise, che lui non poteva chiedere a Hope di sposarlo. Lui l’amava così tanto e non voleva rovinare la sua vita.

Quella decisione non pose termine alla sua sofferenza; aprì semplicemente un altro dilemma. Se lui non avesse mai chiesto a Hope di sposarlo, come potrebbe giustificare di prendere il suo tempo? Non era meglio per lei se lui avesse rotto completamente la loro relazione? Il più presto smetteva di vederla, il più presto lei avrebbe potuto trovare qualcun altro: un uomo che le avrebbe dato una vita migliore. Sì, era la cosa corretta da fare. Era quello che doveva fare. Ma...

Per quanto Bill potesse pensare nell’interesse di Hope, la cosa migliore da fare per lui era di dirle ciao; lui non poteva farlo. Ricalcolò la sua posizione finanziaria e le sue possibilità. Alcuni dei suoi fratelli erano abbastanza grandi, ora anche loro aiutavano la mamma a pagare le spese familiari. Questo era positivo. E anche gli altri fratelli avrebbero presto contribuito. In pochi anni avrebbero anche loro potuto contribuire alle spese… un altro punto positivo. Forse Bill poteva ridurre il suo supporto gradualmente senza causare nessun altro disagio extra per sua madre. Poi, se lui lavorasse di più, forse avrebbe potuto realizzare una vita decente per Hope dopo tutto. Il suo eccitamento aumentava mentre considerava le possibilità da varie angolature. Si, gli sembrò di poter riuscire finanziariamente. Dovrebbe farlo? Si…si, l’avrebbe fatto. Avrebbe chiesto a Hope Brumbach di essere sua moglie!

Ma decidere di chiedere e chiedere realmente erano due cose differenti. Come il mese di agosto lasciò il posto a settembre, Bill lottava per chiamare a raccolta abbastanza forze per fare la domanda decisiva. Lui l’avrebbe guardata fisso negli occhi scuri con il suo raggiante sorriso e pensato: “My, non potremmo essere felici insieme”. Ma ogni volta che cominciava la domanda, la sua bocca si seccava e gli veniva il nodo alla gola e a stento poteva inghiottire e tacere gli produceva una comprensibile pena. Ogni sera quando era con lei riprovava di nuovo, ma le parole si rifiutavano di uscire. Egli si riprometteva, “Questa sera lo farò! Non passeranno più di dieci minuti sul mio orologio prima di chiederglielo”; ma, non serviva a nulla. I minuti trascorrevano e lui non era capace di portare a termine il suo proposito.

Bill si tormentava riguardo al problema per ore di seguito. Qualche volta si fermava nella fossa dove lui stava lavorando, rimanendo con il mento sul manico della pala, e fissava semplicemente l’orizzonte, mentre il suo cervello pensava e scavava per avere una risposta nel suolo fertile della sua mente. Come avrebbe mai potuto farle sapere che voleva sposarla se non aveva la forza di dirglielo francamente? Per un po’ accarezzò l’idea di domandare al suo amico, Gorge DeArk di chiederglielo al posto suo. Ma ciò non gli sembrava giusto. Hope avrebbe potuto rifiutarlo a quelle condizioni. Come avrebbe allora gestito la situazione? Come? Improvvisamente gli balenò un’idea. Ecco! Gli avrebbe scritto una lettera.

Quella domenica sera rimase alzato fino a tardi con carta e penna, faticando sopra ogni frase, componendo e riscrivendo, sudando, finché le due facciate del foglio espressero i suoi sentimenti nel miglior modo che poté fare. Con quest’impresa erculea alle spalle, la sua prima propensione fu di consegnare di persona la lettera a Hope. Poi pensò a Hope che leggeva quella lettera tranquillamente, mentre lui accanto a lei rigirava i suoi pollici e si mordeva le labbra, sentendosi così nervoso da poter facilmente svenire. No, non avrebbe fatto così. Decise che l’avrebbe mandata per posta. Se l’avesse spedita lunedì sarebbe arrivata martedì, Hope l’avrebbe ricevuta martedì e lei avrebbe potuto dargli una risposta il mercoledì sera, mentre l’accompagnava in chiesa. Al momento gli sembrò un buon piano.

Il lunedì mattina, Bill incollò il francobollo sulla lettera e l’imbucò in una cassetta postale sulla via, mentre andava al lavoro. Più tardi, quel giorno, mentre stava scavando una fossa, un pensiero terrificante lo colpì, “Che sarebbe se sua madre s’impadronisse di quella lettera”? La fronte di Bill gocciolava sudore e le sue ginocchia tremavano, dovette appoggiarsi alla parete della fossa per sorreggersi. Egli pensò: “Se sua madre legge quella lettera, sarà ancora peggio per me”

Bill andava molto d’accordo con Charlie, il padre di Hope, ma con sua madre era una storia differente, una persona piena di presunzione. La signora Brumbach si vantava per la sua alta classe sociale nella comunità. Viveva in una casa meravigliosa, indossava vestiti costosi, frequentava una chiesa grande e formale e apparteneva a numerose influenti organizzazioni. Lei considerava Billy Branham come il solito contadinotto…certamente non adatto a sposare sua figlia. Disapprovava le convinzioni religiose antimoderniste di Bill. Se lei avesse visto quella lettera certamente avrebbe obbiettato tenacemente. Avrebbe addirittura potuto convincere Hope ad interrompere la relazione con lui. Bill rabbrividì al pensiero.

Il mercoledì pomeriggio Bill si fermò dietro la nuova scintillante Buick (auto di lusso Americana Ed.) dei Brumbach. Lasciò la porta aperta del suo macinino Ford, nel caso che la signora Brumbach avesse letto la lettera e lui avesse dovuto scappare via di corsa.

Hope rispose al suo bussare. “Ciao, Billy. Vuoi entrare”? “Oh, no”, pensò Bill. “Mi fai entrare lì dentro dove c’è tua madre e tu chiuderai la porta. Poi sarò in un tremendo pasticcio”. Con un debole sorriso, disse: “Grazie, Hope, sono un po’ accaldato. Aspetterò semplicemente qui nella veranda finché sarai pronta”.

“Oh, entra. Papà e mamma vogliono vederti”.

Bill pensò, “Oh, my! E’ tutto finito ora”. Agitato, entrò, tolse il capello e si fermò accanto alla porta, pronto per una fuga veloce.

Hope disse: “Vai in cucina dove c’è mio padre e mia madre. Io sarò pronta per la chiesa in pochi minuti”.

Bill s’incamminò verso l’uscio della cucina. I genitori di Hope erano seduti al tavolo. “Salve sig. Brumbach. Salve sig.ra Brumbach”.

Charlie Brumbach, sempre cordiale, disse: “Ciao Billy. Non vuoi entrare a bere un bicchiere di the freddo”?

“No, grazie. Non ho sete”.

“Bene, perché non entri e ti siedi lo stesso”?

Il complotto sembrava aumentare. Il cuore di Bill batteva all’impazzata. “No, grazie. Sto qui se non vi dispiace. E’ davvero un tempo splendido”.

La sig.ra Brumbach rispose: “Si, un tempo meraviglioso”.

I tre parlarono del tempo e d’altre cose fino a che Hope scese dal piano di sopra. Bill cominciò a respirare quando lui e Hope furono sulla veranda al sicuro, con la porta principale ben chiusa dietro di loro.

“Billy, è una così graziosa serata; andiamo a piedi in chiesa”.

Una nuova paura s’impadronì di Bill. Pensò. “Ci siamo. Mi dirà: è finita. Sarà meglio che sia gentile, perché probabilmente sarà l’ultima volta che sto con lei”.

Hope non accennò alla lettera lungo la strada per la chiesa. Ciò fece soffrire Bill con angoscia per tutto l’intero servizio. Non sentì una sola parola di ciò che il Dott. Davis predicò. Invece, passò il tempo a fissare Hope con la coda dell’occhio, pensando a quanto odiava dover perderla. Lei era una ragazza di una tale onestà. Questa sera sembrava più raggiante che mai. Lui sperò che avesse potuto trovare qualcuno che fosse buono con lei. Merita il meglio che la vita possa offrirle.

Quando Bill e Hope uscirono dalla chiesa e si avviarono verso casa, era ormai buio. Un quarto di luna era sospeso come una lampada stradale nel cielo buio. Ogni volta che uscivano fuori dall’ombra degli alberi, la risplendente luce della luna faceva contrasto tra i capelli e gli occhi scuri di Hope con le soffici e bianche guance. A Bill vennero i brividi internamente con amore e bramosia. “Bene, Billy, ti è piaciuto il servizio questa sera”? Chiese Hope distrattamente.

“Penso che andava bene”. Bill si senti come se la sua mascella fosse fatta di cartone; gli sembrava così rigida e inutile. Osservò la faccia di Hope per vedere un cenno o un cipiglio che potesse preannunciargli che il temuto momento era arrivato. Ogni volta che lei muoveva le labbra per parlare, Bill era sicuro che la fine fosse arrivata. Invece lei trovava fuori un altro gioviale commento come se nient’altro fosse nella sua mente eccetto che il piacere di una tiepida serata autunnale.

Quando furono vicino alla sua casa e lei non aveva ancora accennato alla lettera, Bill cominciò a sospettare che lei non l’aveva ancora ricevuta. Forse era ancora nella cassetta delle lettere o persa nell’ufficio postale. Qualcosa doveva essere successo. Se Hope l’avesse letta, certamente a quest’ora ne avrebbe parlato. Bill si tranquillizzò e la sua lingua si sciolse. Stese la mano e prese il braccio di Hope. Si sentiva rilassato.

Ora, erano quasi a casa di lei. Durante una normale pausa della conversazione, Hope disse: “Billy, ho ricevuto la tua lettera”.

Un freddo gelido scivolò lungo la schiena di Bill; gli venne un nodo alla gola e cominciò a mancargli l’aria tanto che a stento poteva respirare. Inghiotti energicamente e riuscì a gracchiare, “vero”? Hope rispose: “Mm…hm”, e continuò a camminare.

La tensione divenne intollerabile per Bill. Pensò: “ Donna, dì qualcosa prima che svenga”! Ma Hope sembrava soddisfatta di lasciare le sue parole sospese nell’aria senza aggiungere alcun commento. Bill pensò: “Allora devo dire io qualcosa, perché siamo solo a pochi metri da casa sua”. Raccolse tutto il suo coraggio e chiese: “ L’hai letta”?

Lei rispose: “Ah...hah”, e ciò fu tutto.

Bill si sentì come stesse per impazzire per l’ansiosa attesa. “Ti è piaciuta”? Le sue labbra si curvarono, in un sorriso birichino. “Oh, era tutto a posto”. Bill sentì un afflusso di adrenalina. Si fermò e si girò di faccia a lei. “Hope…

“Bill, voglio sposarti”, disse lei. “Ti amo”.

Il giorno seguente Bill e Hope andarono in una gioielleria in centro città. Bill pagò 8 dollari per una coppia di fedi e l’anello di fidanzamento. Con un fermaglio fissò le fedi nel suo portafoglio così che non le potesse smarrire accidentalmente. Poi dolcemente, prese l’aggraziato dito di Hope con la sua mano callosa e cominciò ad infilarle l’anello di fidanzamento.

Hope lo fermò. “Billy, non pensi che sarebbe corretto, come gentiluomo se tu prima lo chiedessi a papà e mamma”.

Bill sentì al suo cuore mancare un battito. Oh, my, egli pensò: “Eccoci di nuovo”.

 Egli aveva paura che se la sig.ra Brumbach si fosse opposta abbastanza energicamente, Hope poteva ripensarci. Lentamente, riluttante, riuscì a fare uscire le parole, “Si, penso di sì”. Poi ebbe un’idea. “Senti, Hope, quando saremmo sposati, faremo sempre a metà, non è vero”?

“Certo. Io farò la mia parte”.

“E io la mia. Che ne diresti se incominciassimo proprio ora —tu lo chiedi a tua mamma e io lo chiederò a tuo padre”?

Hope fece spallucce. “Mi sembra eccellente”.

“Forse dovresti lasciarmi prima chiederlo a tuo padre”, propose accortamente. Egli voleva avere la promessa di Charlie prima che la sig.ra Brumbach ne sapesse qualcosa. Gli sembrò la miglior opportunità per lui.

“Glielo chiederai subito”? “Lo farò domenica sera”.

La domenica sera seguente, dopo che Bill ebbe riaccompagnato Hope a casa di ritorno dalla chiesa, erano seduti nel salotto ascoltando un vecchio fonografo Victrola. Charlie stava scrivendo a macchina alla sua scrivania. La sig.ra Brumbach era seduta in una soffice poltrona Morris, lavorando all’uncinetto. Hope aggrottò le sopraciglia a Bill facendo segno verso suo padre. Bill scosse la testa, facendo cenno verso sua madre. Non poteva chiederlo ora a suo padre, non con sua madre seduta nella stanza. Sarebbe stato come chiederlo ad entrambi. Sua madre avrebbe potuto sollevare un putiferio e Bill avrebbe concluso con un niente di fatto.

Bill si alzò. “Sono le 9:30. Penso che è meglio che me ne ritorni a casa”. Hope l’accompagnò alla porta, tenendolo per mano. Lui disse buona sera e cercò d’andarsene, ma lei non lasciò andare la sua mano.

Lei sussurrò: “Non glielo chiedi”?

“Non posso chiederglielo con tua mamma seduta là”.

“Allora io ritornerò dentro e tu puoi chiamarlo fuori”.

A Bill ciò sembrava imbarazzante, ma non poteva pensare a nulla di meglio. “Okay”.

Hope ritornò in salotto.

Bill si schiarì la gola. “Sig. Brumbach, potrei parlarle solamente per un minuto”?

 Charlie smise di scrivere e si girò sulla sua sedia. “Certo, Bill, cosa desideri”?

“Intendevo fuori, sulla veranda”.

La sig.ra Brumbach sbirciò da sopra il lavoro all’uncinetto e alzò le sopraciglia con uno sguardo inquisitore. Charlie disse: “Sicuro”, e seguì Bill sulla veranda, chiudendo la porta dietro di se. Bill fissava la luna sospesa proprio sopra la fila degli alberi. “E’ certamente una bella serata, non è vero”? “Sì, certo”, asserì Charlie.

“Certo c’è un terribile caldo ultimamente”. “Sì certo”.

Bill balbettò per dire la parola giusta. “Sa – ah—io ero – ah – mi chiedo se”—

“Puoi averla, Bill”.

Un sollievo lo pervase, avrebbe voluto abbracciare il sig. Brumbach ma si limitò a dargli una stretta di mano. “Charlie, voi sapete che sono povero. Non posso prendermi cura di lei così bene come voi. Io guadagno solo 20 centesimi all’ora. Ma, Charlie, lei non può trovare qualcuno che l’ama tanto quanto l’amo io. Lavorerò fino a che le mie mani sanguineranno per mantenerla. Le sarò fedele e farò ogni cosa possibile per renderla felice”.

Charlie pose la sua grossa mano sulle spalle di Bill. “Billy, io so che tu l’ami e che lei ama te; per questi motivi, preferisco che l’abbia tu, piuttosto che qualcun altro che la maltratta, non importa quanto denaro egli abbia. Inoltre, non è quello che hai nella vita che conta; è come sei contento di quello che tu hai”. Grazie Charlie, lo ricorderò”.

Bill non chiese mai a Hope cosa disse sua madre, quando lo chiese a lei; era abbastanza il sapere che la signora Brumbach non si era opposta. La data del matrimonio fu fissata per Giugno dell’anno seguente.



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