Owen Jorgensen
SOPRANNATURALE: La vita di William Branham
Smarrito sull'Hurricane Mountain
Capitolo 26
1941
Il canto finì. Impaziente Billy Paul si piazzò di fronte alla sua torta e riempì i polmoni di tanta aria quanto potevano contenere, e soffiò finché tutte e sei le candeline si spensero. Radioso di felicità, si precipitò sui regali.
William Branham sorrise, felice per suo figlio che stava rallegrandosi per il compleanno—grazie alla premura di Meda Broy. Lei aveva cucinato una torta per Billy Paul ed aveva progettato la sua festa con cura, volendo che questo giorno—sabato 13 settembre 1941, fosse un giorno memorabile per il bambino affidatole.
Ormai Meda faceva la babysitter a Billy Paul Branham ogni giorno della settimana da quasi cinque anni. A lei sembrò semplicemente naturale dare una festa di compleanno. Comunque nella comunità non tutti vedevano così innocentemente la situazione tra Meda e Bill. Numerosi ficcanaso stavano diffondendo malevoli pettegolezzi su “Quel giovane predicatore e la sua babysitter”.
Bill si risentì di queste insinuazioni scortesi contro il buon carattere di Meda, ma poteva capire perché le persone parlavano: C’era una bella giovane d’età adatta al matrimonio che stava facendo poco per la propria vita, eccetto che lavare il suo bucato, pulire la sua casa e guardare suo figlio. Non era realmente onesto verso Meda che lui prendesse così tanto del suo tempo. Bill decise che, per il bene di Meda, doveva licenziarla. Progettò di dirglielo il pomeriggio, quando lui sarebbe andato a prendere Billy Paul dopo il lavoro. Ma ogni qualvolta gli si presentava un’opportunità, non gli uscivano le parole. Come poteva dire a questa ragazza dal cuore tenero che guardava suo figlio da quasi cinque anni che ora voleva una nuova babysitter? Non poteva proprio farlo.
Ma per amor suo, sentì, che doveva essere fatto—in qualche modo. Meda aveva bisogno di essere libera dai suoi impegni provvisori, così avrebbe potuto sviluppare un impegno per tutta la vita con qualcun’altro.
Alla fine Bill ideò un piano indiretto. Pensò che se lui chiedesse ad un’altra donna un appuntamento, Meda si sarebbe così adirata con lui che avrebbe troncato immediatamente. In quel modo non funzionò. Meda non fu affatto adirata; era affranta. Pianse per giorni.
Anche Bill si sentiva dispiaciuto. Era molto preoccupato per Meda, aveva tentato di fare il meglio per lei, ma invece aveva fatto un gran pasticcio. Gli doveva almeno un chiarimento. “Meda, non vedi? Io sto prendendo troppo del tuo tempo. Tu sei una ragazza troppo buona per sprecare la tua vita con me”.
“Ma, Bill—io ti amo. Io t’ho sempre amato. E in più, tu sei l’unico uomo che io amerò”.
“Lo apprezzo Meda. Anch’io ti amo. Ma tu sai, io vivrò come un eremita. Non mi sposerò mai più di nuovo, a tal punto come posso continuare a prendere il tuo tempo”?
Quell’era un argomento che Meda non poteva accettare. Quando lei se ne andò e rimase sola, posò la sua Bibbia chiusa sul grembo e pregò, “Dio, se questo è quello che Tu vuoi, io non voglio disubbidirTi... io amo Bill. Io non so cosa fare. Signore Gesù, mi vuoi aiutare? Io non Ti ho mai chiesto questo prima nella mia vita, Signore, ed io spero che non debba chiedertelo mai più di nuovo; ma ora Ti chiedo—quando aprirò questa Bibbia, mi darai per favore una Scrittura come guida e consolazione”?
Chiuse i suoi occhi, aprì la Bibbia nel mezzo e mise il suo dito indice su un punto nel centro di una pagina. Poi guardò. Il suo dito indicò un versetto in Malachia capitolo 4:
“Ecco, Io vi manderò Elia il profeta, prima che venga il giorno dell’Eterno, giorno grande e spaventevole”...
“Questa è una strana scrittura per una consolazione”, pensò. “Mi chiedo perché Signore”? — Poi ricordò... anni fa lei era sull’argine, mentre Bill battezzava nell’acqua, quando a mezzogiorno apparve quella Stella. Lei non aveva visto la <palla infuocata> perché aveva tenuto gli occhi chiusi per la preghiera; ma non avrebbe mai dimenticato la Sua Voce dichiarare:
“Come Giovanni il Battista fu mandato a precedere la prima venuta di Gesù Cristo, così tu sei mandato con un messaggio a precedere la Sua seconda venuta”.
Ora lei comprese perché il Signore le aveva dato questa particolare Scrittura per consolarla. “Ecco, Io vi manderò Elia il profeta”… Meda si alzò e andò per la sua strada con cuore sereno, convinta che lei e Bill si sarebbero sposati.
Anche Bill non era lontano dalla stessa conclusione. Un giorno finito il lavoro, si fermò a casa dei Broy per prendere suo figlio. Billy Paul stava giocando su un cumulo di sabbia. Bill lo chiamò: “Billy, vieni, andiamo a casa con papà”.
Billy girò la testa e chiese: “Papà, dov’è la mia casa”?
Bill rimase scioccato. Lui stava vivendo recentemente in una piccola casa galleggiante, ormeggiata sul fiume, perché odiava stare nella sua casa in affitto—sembrava così vuota senza Hope. Guardò il figlio di sei anni e pensò: “Se un giorno lo metteranno sulla sedia elettrica, potrebbe rivolgersi a me e dire — ‘papà, se tu avessi fatto come la mamma ti chiese, di sposarti di nuovo e formare una buona famiglia per me, invece di farmi andare da Erode a Pilato, non sarebbe andata in questo modo’”. Mentre Bill spazzolava la sabbia dai pantaloni di suo figlio, pensò: “In punto di morte, Hope, forse aveva ragione”.
Quella notte qualcosa svegliò Bill da un sonno profondo. Disteso tranquillo nel buio, sentì le onde sciabordare dolcemente contro la piccola casa galleggiante. C’era un altro suono. C’era qualcuno dietro la porta? Dalla paura gli si drizzarono i peli sulla nuca. Poi Bill udì una profonda, risonante voce, dire: “Sposa Meda Broy il prossimo 23 ottobre”.
William Branham e Meda Broy si unirono in matrimonio il 23 ottobre 1941. Per la luna di miele, Bill propose di visitare le Cascate del Niagara, quindi andare ad est lungo i confini nord degli Stati Uniti sulle Adirondack Mountains a nord di New York. Bill era già stato alcune volte in questa zona e là aveva conosciuto un Ranger. Due anni prima, lui e il Ranger Denton avevano ucciso tre orsi vicino alle Hurricane Mountain, vicino alla frontiera Canadese. Se Billy fosse potuto andare a caccia quest’autunno, potrebbe avere una buona speranza di prendere un altro orso che gli avrebbe provveduto molta carne per tutto l’inverno. Ciò sembrò ragionevole per Meda. Sapeva come stavano incominciando poveramente la loro vita da sposati. Lei avrebbe aiutato Bill di sera a raccogliere more per guadagnare abbastanza soldi da comprare il carbone per l’inverno.
Un approvvigionamento di carne sarebbe stato un bene, cordialmente accolto al loro ristretto bilancio.
Bill scrisse: “Sig. Denton, verrò su quest’autunno. Voglio cacciare di nuovo l’orso con te”.
Il sig. Denton rispose di ritorno: “Okay, Billy, vieni su. Io sarò nella baracca alla fine della strada dell’Hurricane Mountain”... e gli diede appuntamento un giorno di novembre. “Potrai aiutarmi a tirare giù il filo telefonico che noi avevamo appeso questa primavera, e poi potremmo cacciare l’orso”.
Un osservatorio era situato in cima all’Hurricane Mountain... quella primavera Bill aveva aiutato il ranger a tirar su una linea telefonica per cinque miglia, lungo il sentiero che univa la torre di guardia con la baracca alla fine della strada. Ci sarebbe voluto minimo un giorno per riavvolgere quei cavi per l’inverno, ma a Bill sembrava uno scambio equo per il privilegio di cacciare con una tale eccellente guida.
Bill, Meda, e Billy Paul arrivarono alcuni giorni prima. La baracca del ranger era chiusa a chiave, ma c’era una tettoia che dava sul sentiero, un piccolo riparo che li avrebbe protetti dal vento. Sebbene non avesse ancora nevicato, sembrava che potesse nevicare da un momento all’altro. Quella notte la temperatura andò sotto zero ( -18 C ). Per tenere al caldo Billy Paul, Billy e Meda lo tennero in mezzo a loro, mentre dormivano. La mattina Bill disse: “Sai, tesoro, sarebbe bello se potessi portare a casa assieme all’orso anche un grosso cervo. Se potessi fare un piccolo giro di caccia oggi, di certo potremmo avere la carne per quest’inverno”. Gettato uno sguardo alle cupe nubi, Meda chiese: Pensi che sia prudente uscire senza il ranger? “Cosa ne sarebbe se ti perdessi”? “Io? Perdermi”? Bill lo trovò divertente. “Nemmeno per sogno. Non puoi perdermi nessuna maniera. Mia madre è una mezza indiana, ricordi? Ho abbastanza istinto di sapere sempre dove mi trovo. Io sono come mio nonno Harvey. Oltre a essere un’insegnante, era il miglior cacciatore e cacciatore di pelli di tutto il sud”. Meda gli diede uno sguardo rassegnato, come se volesse dire: “Io-non-ne-sarei-così-sicura”.
“Bene, non andare lontano, Bill. Ricorda, non sono mai stata nei boschi prima d’ora. Non sono pratica di tutto questo. “Sarò di ritorno alle due”, promise.
Messo il fucile in spalla, si diresse giù per la strada finché arrivò in un luogo dove aveva tagliato legna due anni prima. Tra ceppi e mucchi di rami di scarto, nuovi alberi da allora erano cresciuti ad un’altezza di 4 o 5 metri. Gli sembrò l’habitat ideale per i cervi—pieno di cibo e luoghi per ripararsi. Bill lasciò la strada e si diresse dentro i boschi. Nell’ora successiva, vide molte tracce di cervo, ma esse erano tutte con l’unghia spartita, ciò significava che erano daine. A lui serviva un cervo. Scendendo da una cresta in un canalone, Bill udì qualcosa tra i cespugli. Si fermò e rimase fermo come un ceppo d’albero ad ascoltare. Distintamente sentì scricchiolare gli aghi dei pini sotto i passi—non zoccoli, questi erano piedi carnosi. Proprio in quel momento l’animale si lanciò. Bill intravide un grosso leone delle montagne fuggire veloce nel folto degli alberi. Impugnò il fucile per mirare, ma il gigantesco gatto correva troppo rapidamente. Bill non ebbe tempo di sparare che era già sparito.
Bill inseguì il leone di montagna per un miglio giù nel canyon. Per un po’ poté sentire il rumore attraverso il folto sottobosco. Ma presto il gatto era troppo lontano e Bill dovette ricorrere alle sue abilità d’inseguimento, osservare le impronte e i ramoscelli piegati. Alla fine il leone passò nella foresta dagli alberi giganti, dove cominciò a correre abilmente attraverso le cime degli alberi. Bill perse la pista e si arrese.
Risalì di nuovo il canyon, ma si fermò, quando annusò l’eloquente odore di un orso maschio. Emozionato scalò la ripida parete del canyon sottovento, attraversò la cresta e scese giù dall’altro lato. Molte volte perse la traccia, ma la ritrovò di nuovo. La terra si appiattì. Bill continuò a camminare, studiando il terreno per avere indizi come un formicaio demolito o marchi d’artiglio su un albero. Superò una cresta e si diresse giù per una gola poco profonda. Quando arrivò in fondo, l’odorato gli fece percepire che la sua preda era vicina. Bill cercò fra le pietre e i crepacci finché trovò la caverna dell’orso. Non potevano esserci errori; il puzzo faceva lacrimare i suoi occhi. Cautamente si avvicinò all’oscura apertura con il fucile armato e pronto. La caverna era poco profonda e vuota.
Bill guardò il suo orologio. Le lancette segnavano le 12:30. Sarebbe dovuto ritornare subito se lui voleva mantenere la sua promessa fatta a Meda. Non badò ad interrompere la caccia. Ora che sapeva dove si nascondeva l’orso, poteva ritornare appena lui ed il sig. Denton avessero finito di smantellare la linea telefonica sull’Hurricane Mountain.
Salendo la gola, era andato solo un po’ più su, quando vide un cespuglio muoversi nel canyon. “Eccolo là”, pensò Bill. Armò il fucile e stette fermo. Invece di un orso, un maestoso cervo avanzò in vista. Bill puntò il fucile e premé il grilletto. Il cervo stramazzò lì dove era.
Quando Bill finì di dissanguare e sventrare la sua preda, era già l’una passata. Fissò il cervo per le sue gambe posteriori al ramo di un albero, poi risalì il canyon velocemente quanto il sottobosco gli permetteva di camminare. Notò le nubi abbassarsi. L’Hurricane Mountain era già velato. Pensò: “Dovrò affrettarmi. Quel temporale si sta avvicinando”. Sapeva che se diventava nebbioso, non sarebbe stato in grado di localizzare i punti di riferimento.
Per 30 minuti corse con una lunga falcata, cercando continuamente il punto da dove era entrato in questo particolare canyon. Fermatosi per riposare, tirò fuori il fazzoletto dalla tasca e si asciugò il sudore dalla faccia. “Whew, che tragitto lungo” pensò: “Non credevo di essermi allontanato così tanto”.
Ancora una volta cominciò a correre. Dopo alcuni minuti si fermò con completa sorpresa. Là c’era il suo cervo appeso!
“Bene, cosa ho fatto”? Bisbigliò. “Da qualche parte ho sbagliato il sentiero. Ma come ho fatto a ritornare qui”?
Ripartì di nuovo, pensando, “Farò più attenzione questa volta. Non ho prestato abbastanza attenzione”. Camminando più animosamente, cercò attentamente il punto da dove era venuto giù per il ripido pendio. Ora le nubi erano appena sopra gli alberi. Era difficile riconoscere qualsiasi cosa. Dopo 40 minuti era in un luogo che gli sembrava familiare. Subito dopo seppe il perché. Là appeso all’albero, c’era il suo cervo.
Come Bill incominciò per la terza volta, pensò: “Non posso fare lo stesso errore tre volte di fila”. Ma un’ora più tardi si ritrovò di nuovo al suo cervo.
Stanco e abbattuto, si sedette per riposare e riprendersi. Lui sapeva quello che stava accadendo. Gli indiani lo chiamavano il giro della morte – Un uomo perso nei boschi vaga in cerchio fino a che, esaurito, muore assiderato. Se Bill fosse stato nelle montagne da solo, non si sarebbe preoccupato. Sarebbe semplicemente ritornato in quella caverna dell’orso e rimasto in letargo finché la bufera si fosse esaurita e le nubi alzate. Una volta che i segnali di riferimento erano visibili, sarebbe stato semplice ritornare di nuovo sulla via della baracca. Ma con le attuali circostanze, il piano era impensabile. Meda non era mai stata prima in vita sua nei boschi. Non sapeva come fare un fuoco. Se Bill non fosse ritornato al campo, lei e Billy Paul sarebbero sicuramente morti congelati durante la notte. Inoltre, sarebbe stata terrorizzata dal buio. Cosa sarebbe se sentisse gridare un animale? È probabile che avrebbe pensato che fossi io e sarebbe uscita fuori a cercarmi – e si sarebbe persa anche lei. Poi Bill pensò a quel leone di montagna nei boschi che si avvicinava furtivamente alla tettoia...
Ansioso per la preoccupazione, Bill saltò su e tagliò attraverso i boschetti folti d’alberi. Poco dopo, si fermò, pensando: “Aspetta un minuto, William Branham. Cosa c’è che non va con te? Sei diventato matto? “Era stato un uomo dei boschi per tutta la sua vita. Lui sapeva quale era il più grande pericolo in una situazione come questa – un uomo eccitato si precipita imprudentemente attraverso la foresta; poi nella primavera qualcuno trova le sue ossa sul fondo di un precipizio. Prese un profondo respiro per calmare i nervi tremanti. “Devo stare attento”, pensò. “Non mi sono realmente perso. Sono solo un po’ disorientato. Tutto quello che devo fare è trovare la direzione”.
La nebbia ora si era completamente abbassata, e tutto gli sembrò sconosciuto. Per farla ancora più difficile, aveva incominciato a nevicare. E peggio di tutto, il sole stava tramontando e l’oscurità si faceva sempre più buia. Se lui non trovava presto l’uscita, non l’avrebbe trovata affatto. Allora tutti e tre sarebbero morti quella notte.
Lottando per star calmo, Bill pensò: “Io non posso essermi perso, sono una guardia forestale sono troppo bravo per potermi perdere. Pensò un minuto. Quando venni qua, il vento soffiava nella mia faccia. Ecco; tutto quello che ho da fare è tenere il vento sulla mia schiena così potrò uscire.
Si diresse nella direzione opposta al vento. Tutto quello che poteva vedere intorno a lui erano le forme ombrose degli alberi vicini e dei cespugli che turbinavano nella nebbia e neve. Così spesso il vento mutevole cambiava direzione. Subito si rese conto che il vento, girando come faceva intorno alle vette della montagna, non avrebbe fatto da bussola.
Per sostenere il suo coraggio e tenersi calmo, Bill disse ad alta voce, “Tu non sei perso. Sai dove sei”.
Ma la sua coscienza gli diceva che non era vero: Billy, tu sai che ti sei perso. Lui si rispose. “Io? Non io. Io non posso essermi perso”. Poi si imbatté in un ceppo gigante che non aveva mai passato prima. Cominciò a tremare. Il sudore gli scorreva giù dalla sua faccia. “Non c’è nessun bisogno di ingannarmi più a lungo”, pensò: “Sei perso. Ammettilo”.
Non fu il colpo al suo orgoglio che gli fece male; era il terrore che lui sentì per sua moglie e suo figlio. “Sono realmente perso”, si disse. “Non distinguo l’est dall’ovest. Devo scegliere una direzione e camminare diritto, perché così, sto camminando in un cerchio. Quindi camminerò in quella direzione”.
Scegliendo a caso una direzione, cominciò a camminare, facendo molta attenzione ai pochi alberi che lui poteva vedere, tentando di camminare in linea retta da albero ad albero. Mentre camminava gli sembrò di sentire una voce dire sussurrando: “Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle distrette”.
Bill pensò: “Ora sto diventando matto. Io sto sentendo delle cose”.
Continuò a camminare, concentrandosi il più possibile sulla sua missione. Subito dopo lo sentì di nuovo, un po’ più forte di prima: “Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle distrette”.
Bill continuò a camminare, trascinando avanti il fucile. Si sentiva così stanco. La voce persistente ritornò più forte: “Dio è per noi un rifugio ed una forza”...
Bill si fermò e disse ad alta voce: “Signore Gesù, io mi sono perso. Non ho nessuna bussola o punti di riferimento, ma ho ancora Te. Signore, non sono degno di vivere, ma Ti prego non lasciar morire mia moglie e mio figlio”.
Poi sentì di nuovo quella voce. Non era la sua immaginazione; chiaramente la sentì con i suoi orecchi: “Dio è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle distrette”.
Appoggiato il fucile contro un albero, Bill tolse il cappello, lo lasciò cadere sulla neve, e si inginocchiò sopra di esso. Guardando in alto, pregò: “Padre Celeste, pensavo di conoscere tutto sui boschi, ma mi sbagliavo. Io so che sto andando nella direzione sbagliata, ma non so dove girare. Sono stato un grande sbruffone; Merito di essermi perso. Merito di stare qui per giorni e mangiare porcospini per sopravvivere. Ma, Signore, la mia povera moglie è innocente. Lei e mio figlio moriranno stasera se io non esco da qui. Padre, è quasi buio ed io sono perso — totalmente perduto. Per favore aiutami. Sii la mia Bussola e la mia Guida”.
Rialzatosi, scosse la neve dal berretto, poi disse: “Signore, io credo che la voce che mi ha sussurrato era la Tua voce. Credo che ci sia un angelo di Dio che mi segue in qualche luogo in questa foresta. Signore, io Ti ho chiesto di guidarmi. Ciò è tutto quello che posso fare. Ora, andrò da questa parte”.
Cominciò a camminare nella stessa direzione verso la quale stava andando prima. Improvvisamente sentì una mano sulla spalla, che lo tirava indietro come per fermarlo. Spaventato, Bill girò la testa per vedere chi era. Non c’era nessuno; ma come lui guardò, la nebbia si diradò per un momento e intravide l’Hurricane Mountain dietro di lui. Quell’era la via della salvezza, che stava allontanando la morte da lui! Aveva abbastanza tempo da girare intorno e fiancheggiare la montagna prima che la nebbia ritornasse di nuovo.
Alzando la mano, Bill gridò: “Oh, grande Geova Dio, Tu sei così vicino a me che hai messo la Tua mano sulla mia spalla. Tu veramente sei il mio aiuto nella distretta”.
Bill si arrampicò nel nebbioso crepuscolo nella direzione dell’Hurricane Mountain il più diritto che poteva, mentre stava attento ad ogni secondo di non sbagliare il percorso. La notte oscurò la foresta. Bill camminò con l’arma sempre in aria, cercando appena sopra la sua testa quella linea telefonica che correva da albero ad albero per cinque miglia sul lato della montagna. Se avesse potuto afferrare con la sua mano uno di quei due fili, avrebbe potuto seguirlo lungo il lato della montagna fino alla cabina. Se non avesse trovato quei fili, lui, sua moglie e suo figlio sarebbero morti.
Nelle seguenti tre ore mantenne la stessa direzione, dovendo qualche volta scegliere la direzione dritta tra piccoli, alti e ripidi promontori rocciosi. Le folate di neve erano divenute una bufera. Il vento ululava, strappando i rami degli alberi. Bill teneva il suo fucile in una mano e teneva l’altra sopra la testa fino a che il suo braccio divenne pesante come un barile di fucili da caccia. Poi lui scambiava le mani, facendo sempre attenzione ad indietreggiare di alcuni passi prima di avanzare di nuovo, solo per essere sicuro di non aver mancato quella linea telefonica durante lo scambio. Qualche volta la sua mano toccava un oggetto e lui gridava, “Io l’ho”! Ma lui aveva afferrato solamente un ramo d’albero. Le sue dita gelavano nei suoi guanti. Alla fine riusciva a stento a tenere su entrambe le braccia. Ma doveva ancora tenere su un braccio. Tre vite dipendevano da lui.
Ora la notte era buia, poteva a fatica vedere la neve che turbinava di fronte alla sua faccia. Si scoraggiò. Che cosa sarebbe se lui fosse andato in un luogo basso, dove i fili erano tesi da albero ad albero attraverso una profondità, più alti del suo su braccio allungato senza poterli toccare? Se fosse accaduto, allora sarebbero tutti condannati.
Il suo braccio sbatté contro qualcosa di elastico. Abbassò la mano finché le sue dita toccarono un filo sottile. L’aveva trovato! Era salvo! Erano tutti e tre salvi!
Bill lasciò cadere il fucile, tolse via il cappello e ringraziò:
“Oh, Dio, che emozione si prova quando si è persi e poi ritrovati. Come posso mai ringraziarti abbastanza? Diritto giù alla fine di questo filo c’è tutto ciò che ho di più caro in questa vita — mia moglie e mio figlio. Questa linea telefonica sarà la mia guida che mi porta fuori dalla montagna. Io non lascerò questo filo per nulla al mondo. Ma davvero, Signore Gesù, Tu sei la mia guida. Ed io intendo aggrapparmi a Te per il resto della mia vita, perché so che alla fine c’è calore, sicurezza e riposo”.